mercoledì 16 novembre 2011

Tra una cosa e l'altra

Ormai mancano 2 mesi e mezzo alla fine di questa nostra esperienza. Ma con tutte le cose che ci sono da fare, ci sentiamo indietro da matti. Se per giunta nascono anche problemi interni siamo a posto. È da qualche settimana che in ospedale siamo con l’acqua alla gola con le finanze e questo ci blocca su molte cose. Così, mentre Manu è strapresa in ufficio, io vengo mandato ogni tanto di qua e di la a fare commissioni. Questa è la parte di lavoro che mi piace di più perché giro tantissimo tra i villaggi, in posti dove la strada non arriva, e in altri piccoli centri. La settimana scorsa mi è capitato di andare a Kotwa, una cittadina simile a Mutoko quasi al confine con il Mozambico. Mi sono recato li per andare all’ospedale distrettuale per prendere delle medicine. Questo non è il primo ospedale distrettuale che vedo, ma ha confermato quanto la situazione sanitaria di questo paese è catastrofica. Entro dal cancello principale, il tutto organizzato benissimo, un sacco di bellissimi alberi in fiore e un giardino abbastanza tenuto. Poi l’ospedale. Bellissimo. Una struttura meravigliosa e ben organizzata, con i suoi vialetti, indicazioni, posti (sale d’attesa all’aperto) a sedere, il blocco operatorio, il blocco dei raggi, i reparti, le cliniche, la cucina separata dalla lavanderia, l’inceneritore….e una farmacia funzionale. Il tutto a piano terra, molto spazioso e ben disposto. Stile perfetto inglese. Entro così in farmacia, con il suo bel magazzino, consegno la lista, carico il mio pick up….e mi concedo un piccolo giro tra i reparti. Anch’essi ben spaziosi, con le coperte e i letti nuovi, le zanzariere, i comodini, i bagni. Di solito i reparti sono 4 negli ospedali rurali (insomma quelli che ho visto io) e sono Maschi, Femmine, Maternità e Pediatria. Ogni blocco (ossia ogni reparto) contiene circa 50 posti letto (più o meno 200 posti letto in ospedale)….COMPLETAMENTE VUOTI! Si vuoti. In tutto l’ospedale c’erano ben 8 ricoverati. In effetti non c’era molta gente che girava (eccetto per la farmacia, l’unica cosa funzionante), ma essendo una struttura spaziosa pensavo che la dispersione mi ingannasse. E invece…tutto vuoto. Ci sono gli infermieri, ma il tutto non funziona. Sala operatoria e raggi chiusi, come anche molti ambulatori. In poche parole: NON c’è il DOTTORE. Non è il primo ospedale che vedo in queste condizioni, praticamente il governo (o chi per esso) non destina un medico negli ospedali. O se lo manda (rare volte), il medico lavora solo per una o due ore, poi va nelle cliniche private rurali (così i pazienti sono obbligati ad andare a pagamento) per questione di soldi, lasciando la struttura a se. I medici sono concentrati nella capitale o nelle poche grandi città del paese. Oppure lavorano in ospedali come il nostro ma finanziati da organizzazioni private. Pensate cosa vuol dire essere senza una struttura sanitaria funzionante nell’arco di un centinaio di km. Già il livello non è il massimo, ma essere senza è proprio la fine. Si ci sono molte cliniche o dispensari…ma non è mai un ospedale. La gente si reca così in strutture come la nostra (ma sempre piena) o prende un bus e si fa un sacco di km per arrivare in capitale…dove però i costi sono elevatissimi. E se hai un emergenza??? Non ti resta altro che pregare…e correre (sperando di avere i soldi se non vai in ospedale come il nostro)!!! Il nostro ospedale ha il servizio del medico e del personale 24h su 24 tutto l’anno e le ambulanze (sono due defender) portano il paziente ad Harare se necessario anche di notte. Il servizio che facciamo al paziente, se pur non ottimale, è comunque buono. Almeno ci siamo. Certo che resta sconcertante quando chiedi a un bambino: cosa vuoi fare da grande?? E lui prontamente ti risponde: NIENTE! Da notare che lo Zimbabwe è uno dei paesi più alfabetizzati d’Africa. Foto 1: strada che porta all'ospedale; Foto 2: classico villaggio; Foto 3 e 4 veduta da un'alta collina dell'ospedale e dell'area dov'è situato; Foto 5: il mercato appena fuori dall'ospedale.

lunedì 7 novembre 2011

Mani legate

Dopo un ottobre ricco di problemi e delle temperature che continuano a salire (in casa abbiamo più di 30 gradi durante la notte), arriviamo in novembre speranzosi che le cose vadano pian piano sistemandosi. Purtroppo le persone con cui collaboriamo non aiutano e questo crea grossi problemi nel nostro lavoro. Carlo a tutto questo non centra, anzi, si sta battendo fortemente per un po’ di giustizia. La nostra felicità è quella di condividere con lui questi momenti ed a essere uniti e insieme ci fa sperare e continuare ad aver voglia di lottare. Lui è un uomo davvero straordinario. Ma veniamo a noi, e a un esempio che volevo fare per spiegare che il nostro operato e il nostro lavoro qui…ci tiene ormai da mesi con le mani legate. Con questo termine voglio dire che siamo impotenti davanti a molti problemi, ma soprattutto nell’aiutare il nostro prossimo e la gente qui. L’esempio che mi riferisco è successo ad agosto quando qui c’erano ancora i genitori di Manu, allora non diedi molta importanza perché episodi così erano all’ordine del giorno…ma ora forse è giusto far sapere come girano le cose.






A fine luglio, mentre andavamo ad Harare, ci siamo fermati per strada (come sempre) per comperare della verdura da portare ai bambini dell’orfanotrofio e per noi. Così dopo un po’ di contrattazioni mi si avvicina un uomo, di buon aspetto ma molto mal messo, che voleva vendermi una cassa vuota. Io ne avevo bisogno così la comprai. Mi chiese un passaggio fino ad Harare e così salì e via. Fatto scendere ad Harare mi chiese se avessi qualcosa per lui…(premetto che soldi non ne diamo in giro se no è la fine, si valuta bene ogni singola situazione, ma si cerca di dare aiuti in cibo) e io d’impulso dissi: se vieni su all’ospedale dove lavoro posso darti qualcosa (lo dico sempre, tanto poi non si presenta nessuno). Fino qui nulla di che, la solita storia che capita quasi tutti i giorni…solo che un bel pomeriggio assolato me lo vedo capitare in ospedale. Lo incontrai sulla strada, era distrutto. Se l’era fatta quasi tutta a piedi (140 km), aiutato con qualche passaggio di fortuna. Così capii che aveva realmente bisogno di aiuto. In poche parole lui e la sua famiglia vivevano di agricoltura e avevano un bel orto con le sue cose ben fatte. Solo che l’elettricità nazionale (quasi inesistente) gli ha mandato da pagare un extra che lui non aveva adoperato…così è praticamente fallito perché gli hanno tagliato i fili, e senza luce non può continuare a coltivare per grandi quantità. Così chiedeva un aiuto di cibo, cioè lui aveva bisogno di cose da mangiare (era veramente affamato)….e con i soldi che avrebbe risparmiato avrebbe provato a fare qualcosa. Solo che qualcuno lo ha notato e lo è andato a riferire ai medici cattolici (due) che lavorano qui in ospedale. Il finimondo, sono stato richiamato, e con tanto di paternale non proprio simpatica, ho dovuto rispedire quest’uomo a casa. Premetto una cosa, che io ho del cibo che mi consegna il dott. Carlo Spagnolli settimanalmente proveniente dai container spediti dalle nostre associazioni, a posta per queste esigenze, quindi non avrei toccato nulla che riguardi l’ospedale. Quindi preparai due sacchi di iuta carichi di cibo (30 kg di roba) e dopo qualche ora, quando le acque erano più tranquille, con l’auto scesi giù per la strada e, per fortuna, lo incontrai. Gli diedi i sacchi e i soldi per poter tornare a casa con un autobus (10 dollari)….si mise a piangere e ringraziarmi. Pensate che molto cibo che il dott. Carlo mi da, lo devo dare in giro di nascosto, quando è notte o incontrare la gente in posti particolari con tanto di zaino. Capisco perfettamente il discorso di gelosia delle persone, ma si cerca di stare attenti a chi si distribuisce il cibo. Come ad esempio quando viaggio con la mia auto vuota e trovo gente per strada con casse e casse di verdura (sono tutte donne), io le do sempre un passaggio (immaginate ste donne che si fanno 10-15 km con una cassa da 20-30 kg). Non avete idea delle lavate di testa che mi prendo per questi piccoli piaceri. Ok, può essere pericoloso…ma povera gente alla fine a me cosa costa??? Il problema è che qui tutti chiacchierano troppo e le voci arrivano ai soliti, che le riferiscono alla dott.ssa. (peggio dell’asilo nido, o di un sistema autoritario, vedete voi). Infine poi, anche sul posto di lavoro non possiamo fare molto, ed esempi così riguardano anche l’amministrazione interna dell’ospedale, dove abbiamo notato cose non proprio chiare, ma appena diciamo qualcosa o facciamo notare va tutto nel dimenticatoio e ci viene detto: chi comanda qui!!! C’è una tale confusione e mal organizzazione, dovuta poi all’intervento di una piccola cricca di gente (zimbabwiana) che ne approfitta della situazione. Per carità, il medico superiore (donna di 80 anni che ha dedicato una vita qui), non lo fa per i soldi, e sicuramente ha fatto tante cose buone e salvato tante di quelle vite che manco ci immaginiamo….ma perché questo comportamento??? Perché questa mancanza di rispetto verso il prossimo e verso chi lavora qui??? Perché su molte proposte, lavori, nostre intenzioni (anche d’accordo con le e locali), trovano sempre, o quasi, una strada chiusa??? Molti altri esempi potrei fare ma andrei troppo nel personale dell’ospedale e riguarda situazioni un po’ delicate….ma ci sentiamo veramente impotenti, e lottare contro i mulini a vento sta diventando faticoso. Foto 1: la cuoca dell'ospedale prepara nella cucina esterna la Sadza (tipo polenta); Foto 2: Bambino gioca con l'acqua in una pozzanghera dopo il temporale, la pioggia qui è una gioia immensa, specialmente per i più piccoli; Foto 3: Bimba dell'orfanotrofio mentre mangia la pizza preparata da alcuni volontari che sono stati qui; Foto 4: la mia povera auto trainata dal meccanico (250 km di traino), ma ora è tornata a posto; Foto 5 e 6: Pescatori sul lago Kariba.