venerdì 24 febbraio 2012

Lavori in corso

E chi lo avrebbe mai detto che avrei aggiornato ancora il blog da questo posto così presto. Eppure è così, tutto può succedere e accadere quanto meno te lo aspetti. E ricordo sempre Carlo quando dice che nessuno è indispensabile e bisogna rendersi indipendenti da tutti perché tutto può accadere. Per fortuna Carlo è uscito dal coma farmacologico e sembra aver preso la retta via per venirne fuori da questa situazione. Ma chissà come e soprattutto chissà quando. Ma quello che a noi interessa è che sopravviva in una buona condizione. Il lavoro qui devo ammettere essere una figata, seppur con un sacco di problemi e correre dietro a tutti che per anni sono stati abituati a trovarla “cotta”, cioè che Carlo portava e faceva tutto a tutti, ora che si devono “smuovere” alcuni sono un po’ pigri, ma capibile. Credo che si sta lavorando bene per rendere le cose più semplici visto che il futuro sarà un pò diverso. Quindi, tra viaggi avanti e indietro ai vari progetti, portare medicinali e cibo tra orfanotrofio, centro malati AIDS e ospedale….ho il mio bel da fare. Tutto in tranquillità e buona collaborazione. Nel mezzo poi si sentono i cosiddetti progetti satellite (cioè che noi collaboriamo indirettamente) e forse prendono più tempo che altro visto che sono parecchi, ma è solo una bella soddisfazione e, anche qui, buona collaborazione. Nulla di che quindi, senti quello che procura l’olio e il diesel, il riso e la farina, organizzare qualche viaggio e rifornimento….fare inventario dei container medicinali e valutare progetti e tenere i contatti con l’Italia. Tra queste cose ho a che fare molto meno con la gente locale in modo diretto e per lungo tempo, ma una cosa mi ha molto deluso. Dopo tanti anni che dr. Carlo aiuta e porta il cibo e le medicine a svariate migliaia di persone, speravo di trovare un po’ di rispetto nei suoi confronti invece si, sono molto preoccupati, ma poi chiedono solo: e ora chi ci da i soldi e il cibo?? E chi ci paga questo e quello??? Io capisco la preoccupazione, ma anche questa gente deve capire che è arrivato il momento di tirarsi su le maniche….infatti non tutti hanno situazioni catastrofiche, e quelli che le hanno, sono in realtà chi è veramente preoccupato per Carlo. Non voglio giudicare, ma sto capendo anche che questo modo di fare solidarietà non è del tutto giusto. E per questo non condivido molte cose. Alla fine è sempre e solo questione di interessi di ricevere da parte africana e di immagine o, più raramente, economica da parte occidentale. Rare sono le persone che lo fanno per amore. Ma non possiamo sempre dare e dare e mandare…e fare. Ma questo è un capitolo troppo grande. Ma una cosa a riguardo voglio dire: durante quest’anno ho visto arrivare parecchi container dall’Italia, preparati dalle varie associazioni, con medicinali, cibo, vestiti, attrezzature qui introvabili…e altre cose utili. Sempre ben fatti e preparati. Ma la gente che dona alle associazioni le cose da mandare qui DEVE rendersi conto che la deve finire di dire: beh son poverini, quindi mandiamogli giù qualsiasi cosa come cose rotte, strausate, a volte immondizia, o sopratutto cose qui in Africa inutili…NON è giusto. Non è giusto perché questa NON è la discarica del mondo. Per fortuna chi smista queste cose (almeno per quanto riguarda i nostri gruppi) controlla cosa per cosa ed evita questo problema. Ma non siamo i soli a mandare container, e si vede che altri gruppi non dedicano così tanto tempo al controllo. È una vergogna dover magari ricevere dei pacchi da distribuire alla gente che finiscono poi diretti all’inceneritore. E di cose ne abbiamo bruciate tante quest’anno. In ultima voglio raccontare un fatto sempre legato alla polizia. Diciamo che da Natale hanno duplicato i controlli e i blocchi per strada, e ora forse triplicati. Ormai ne trovi uno ogni 10-15 km. Secondo me la cosa è buona visto come guidano i conducenti dei MiniBus, spesso ubriachi e con veicoli non all’altezza, ma una volta stavo guidando un’auto “normale” (intendo non la mio pick-up ambulanza), senza croce rossa. E mi ferma la polizia dicendomi che non mi ero fermato a uno stop, e devo pagare 10 dollari di multa. Se la cosa fosse stata vera, non mi sarei arrabbiato, così le chiedo di farmi la ricevuta. E la multa così diventa 20 dollari (i 10 dollari se li sarebbe intascati, mentre così gli toccava farmi il prezzo pieno, normale la cosa). La poliziotta (strano le donne sono più umane degli uomini ma quando indossi una divisa ti credi sopra ogni cosa) così si mette a ridere, e io le chiedo se mi da la multa perché sono un bianco visto che poi è ingusta. Lei mi guarda, ride e parla in Shona con il collega e si mettono a ridere insieme. Pago la multa e, quando li saluto in Shona, ci rimangono male. Non ho capito cosa stessero dicendo ma il senso e alcune parole non mi fanno scemo. Purtroppo è così che gira. Spesso ti senti chiamato bianco….ma non ci fai caso, è un modo come un altro. Ma quando usano il potere, provano a prendere una mazzetta, e ti mancano di rispetto, allora si che ci resti male. Ma anche in questo caso, tutto mondo è paese. Foto 1: un bellissimo e coloratissimo uccellino di queste zone; Foto 2: io mentre do da mangiare a un rinoceronte. Purtroppo sono tenuti in un parco con progetto di salvaguardia perchè i bracconieri li stanno decimando; Foto 3: la nostra auto con i conteiner dei medicinali e della marmellata al deposito; Foto 4: io all'interno di un container medicinali, mentre eseguo il controllo e inventario; Foto 5: Maik mentre sistema i medicinali appena consegnati in ospedale, nell'apposito magazzino; Foto 6: Anna, la responsabile della farmacia del Lusia Guidotti Hospital, all'interno della farmacia principale; Foto 7: foto panoramica dello Zimbabwe, che in questa stagione si presenta verdissimo con colori meravigliosi dopo le grandi piogge.

giovedì 9 febbraio 2012

Emergenza, si riparte






La situazione è critica…non dovevo partire, invece alla fine, mentre salutavo Manu convinto di restare in Zimbabwe vista la situazione non proprio chiara di Carlo, mentre stavo desfando le valige…dopo l’intervento di una suora, il via di Carlo. Alessio vai, non ti preoccupare non sarà niente. E così di corsa la strada per l’aeroporto, e il ritorno in Italia. Il ritorno un po’ frastornato, sbalzati da una parte all’altra del mondo in 14 ore…completamente diverso. Con il pensiero della salute di Carlo per tutto il viaggio, sperando non sia niente di grave. Eppure, all’arrivo a Verona, la telefonata che ti da la notizia che non speravi, infarto. Ok, ormai siamo qui e laggiù ci sono un sacco di persone ben preparate a gestire la situazione, Carlo è in buone mani. Così è stato a livello gestionale da parte di suore, Massimo e Co, un po’ meno nella parte medica dove purtroppo qui fa letteralmente schifo, o quasi, anche se sei nel miglior ospedale privato del paese. Il nostro rientro, frastornato, è coronato dalla riunione che abbiamo voluto con i vertici dell’associazione che ci ha mandati in Zimbabwe e sosteneva le nostre spese. Infatti la sera stessa dopo qualche ora di aggiornamento progetti, diamo le nostre dimissioni dall’associazione. Semplicemente per incompatibilità di ideali e modi di lavorare. Li ringrazieremo sempre per quello che per noi hanno fatto e non ci hanno mai fatto mancare nulla a livello economico durante tutto l’anno. Ma non ci siamo mai sentiti parte di un progetto o un gruppo. Niente di male, ognuno per le proprie strade in serenità. Il ritorno a casa è strano, strana l’elettricità sempre presente, e l’acqua dai rubinetti. Quello che più ci colpisce però è la frenesia che già respiri appena scendi dall’aereo. Ma è possibile che in Italia sia tutto così stretto? Così di corsa? Così…frenetico? Così legato al tempo, all’orologio, sempre col fiato sul collo, pensando e parlando sempre al futuro? Rischiando di vivere male il presente? Prime considerazioni dopo un lungo viaggio…e così la felicità immensa di riabbracciare amici, genitori, fratelli e nonni. Frastornati passiamo i primi giorni tranquilli, solo col pensiero a Carlo che non migliora. Tra contatti e i vari gruppi di appoggio di Carlo che ci chiamano per organizzare un ritorno immediato in Zimbabwe. E così dopo la bellissima ecografia di Manuela, dove rivela che tutto è ok e sia Manu che il Baby stanno bene, la decisione è presa e al primo aereo libero Alessio torna in Zimbabwe, dopo alcune peripezie non da poco conto tra le associazioni. Gli interessi in ballo sono troppi. La cosa che mi rattrista di più è naturalmente lasciare a casa Manu e il Baby…e affrontare questa non facile mini avventura da solo, senza di lei. Dopo un anno e mezzo abbondante 24 ore su 24 sempre insieme, è la prima volta che ci “separiamo”, non sarà facile. Ma affrontiamo la cosa serenamente e senza alcun problema, la priorità ora è Carlo, e come già detto per lui ne vale la pena. Così quando io arrivo in Zimbabwe, lui parte con l’aereoambulanza per Trento e non riesco a incontrarlo. La situazione è critica, ma li sarà in ottime e sicure mani. Almeno il centro sarà attrezzato. Tornare in Zimbabwe così presto mi fa chiedere se non mi fossi svegliato da un sogno, sinceramente non mi sembra neanche di esser stato in Italia. Mi sento più a mio agio qui, ma appena vengo in contatto con i progetti ci rifletto su. Il mio lavoro consisterà nel sostituire Carlo fino a metà marzo per le questioni logistiche dei progetti quindi cibo, medicine, trasporti, e varie cose che si manifesteranno durante questo periodo. Il lavoro mi piace, e i presupposti per fare bene ci sono. Lo Zimbabwe è verdissimo e i panorami e colori sono una favola, cosa chiedere di più? E in men che non si dica eccomi qui di nuovo…sperando di scrivere un’altra bellissima pagina della nostra avventura, anche perché se ben distanti fisicamente sarà un’altra avventura insieme…solo un po’ diversa dal solito. Foto 1: un ruscello con la strada, dopo qualche ora di pioggia si è trasformato in un vero e proprio fiume sommergendo tutto; Foto 2: un fiumiciattolo straripa e l'acqua si incanala tra gli alberi, e fuoriesce dal letto del fiumiciattolo. Per foruna le capanne sono qualche metro più in alto; Foto 3: la piattaforma finita all'ospedale, l'ultimo lavoro esegiuito con i ragazzi, ora si può stendere le coperte, le lenzuola e il resto in un posto più pulito, prima si stendeva sull'erba dove batteri e mosche inzuppavano di nuovo i tessuti; Foto 4: una delle consegne a Kariba, il mo Pick up stra carico in compagnia delle suore e Vincenzo; Foto 5: la ferrovia dello Zimbabwe, purtroppo spesso fuori uso; Foto 6: Thongai con un Pafada un bel esemplare, morto, di vipera trovato in ospedale. Ucciso con una badilata.