giovedì 9 febbraio 2012

Emergenza, si riparte






La situazione è critica…non dovevo partire, invece alla fine, mentre salutavo Manu convinto di restare in Zimbabwe vista la situazione non proprio chiara di Carlo, mentre stavo desfando le valige…dopo l’intervento di una suora, il via di Carlo. Alessio vai, non ti preoccupare non sarà niente. E così di corsa la strada per l’aeroporto, e il ritorno in Italia. Il ritorno un po’ frastornato, sbalzati da una parte all’altra del mondo in 14 ore…completamente diverso. Con il pensiero della salute di Carlo per tutto il viaggio, sperando non sia niente di grave. Eppure, all’arrivo a Verona, la telefonata che ti da la notizia che non speravi, infarto. Ok, ormai siamo qui e laggiù ci sono un sacco di persone ben preparate a gestire la situazione, Carlo è in buone mani. Così è stato a livello gestionale da parte di suore, Massimo e Co, un po’ meno nella parte medica dove purtroppo qui fa letteralmente schifo, o quasi, anche se sei nel miglior ospedale privato del paese. Il nostro rientro, frastornato, è coronato dalla riunione che abbiamo voluto con i vertici dell’associazione che ci ha mandati in Zimbabwe e sosteneva le nostre spese. Infatti la sera stessa dopo qualche ora di aggiornamento progetti, diamo le nostre dimissioni dall’associazione. Semplicemente per incompatibilità di ideali e modi di lavorare. Li ringrazieremo sempre per quello che per noi hanno fatto e non ci hanno mai fatto mancare nulla a livello economico durante tutto l’anno. Ma non ci siamo mai sentiti parte di un progetto o un gruppo. Niente di male, ognuno per le proprie strade in serenità. Il ritorno a casa è strano, strana l’elettricità sempre presente, e l’acqua dai rubinetti. Quello che più ci colpisce però è la frenesia che già respiri appena scendi dall’aereo. Ma è possibile che in Italia sia tutto così stretto? Così di corsa? Così…frenetico? Così legato al tempo, all’orologio, sempre col fiato sul collo, pensando e parlando sempre al futuro? Rischiando di vivere male il presente? Prime considerazioni dopo un lungo viaggio…e così la felicità immensa di riabbracciare amici, genitori, fratelli e nonni. Frastornati passiamo i primi giorni tranquilli, solo col pensiero a Carlo che non migliora. Tra contatti e i vari gruppi di appoggio di Carlo che ci chiamano per organizzare un ritorno immediato in Zimbabwe. E così dopo la bellissima ecografia di Manuela, dove rivela che tutto è ok e sia Manu che il Baby stanno bene, la decisione è presa e al primo aereo libero Alessio torna in Zimbabwe, dopo alcune peripezie non da poco conto tra le associazioni. Gli interessi in ballo sono troppi. La cosa che mi rattrista di più è naturalmente lasciare a casa Manu e il Baby…e affrontare questa non facile mini avventura da solo, senza di lei. Dopo un anno e mezzo abbondante 24 ore su 24 sempre insieme, è la prima volta che ci “separiamo”, non sarà facile. Ma affrontiamo la cosa serenamente e senza alcun problema, la priorità ora è Carlo, e come già detto per lui ne vale la pena. Così quando io arrivo in Zimbabwe, lui parte con l’aereoambulanza per Trento e non riesco a incontrarlo. La situazione è critica, ma li sarà in ottime e sicure mani. Almeno il centro sarà attrezzato. Tornare in Zimbabwe così presto mi fa chiedere se non mi fossi svegliato da un sogno, sinceramente non mi sembra neanche di esser stato in Italia. Mi sento più a mio agio qui, ma appena vengo in contatto con i progetti ci rifletto su. Il mio lavoro consisterà nel sostituire Carlo fino a metà marzo per le questioni logistiche dei progetti quindi cibo, medicine, trasporti, e varie cose che si manifesteranno durante questo periodo. Il lavoro mi piace, e i presupposti per fare bene ci sono. Lo Zimbabwe è verdissimo e i panorami e colori sono una favola, cosa chiedere di più? E in men che non si dica eccomi qui di nuovo…sperando di scrivere un’altra bellissima pagina della nostra avventura, anche perché se ben distanti fisicamente sarà un’altra avventura insieme…solo un po’ diversa dal solito. Foto 1: un ruscello con la strada, dopo qualche ora di pioggia si è trasformato in un vero e proprio fiume sommergendo tutto; Foto 2: un fiumiciattolo straripa e l'acqua si incanala tra gli alberi, e fuoriesce dal letto del fiumiciattolo. Per foruna le capanne sono qualche metro più in alto; Foto 3: la piattaforma finita all'ospedale, l'ultimo lavoro esegiuito con i ragazzi, ora si può stendere le coperte, le lenzuola e il resto in un posto più pulito, prima si stendeva sull'erba dove batteri e mosche inzuppavano di nuovo i tessuti; Foto 4: una delle consegne a Kariba, il mo Pick up stra carico in compagnia delle suore e Vincenzo; Foto 5: la ferrovia dello Zimbabwe, purtroppo spesso fuori uso; Foto 6: Thongai con un Pafada un bel esemplare, morto, di vipera trovato in ospedale. Ucciso con una badilata.

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